Stadera graffiti:
flash back del “Movimento del ‘77” a quarant’anni di distanza
Il movimento del ’77 è la rappresentazione classica di una rimozione collettiva.
Sono passati quarant’anni e per storici e giornalisti resta ancora e soltanto lo stanco riproporsi della formula de “gli anni di piombo”. Un vero e proprio anatema, un muro invalicabile per qualsiasi sforzo di comprensione.
Ma noi dello Stadera, un collettivo giovanile milanese che ha vissuto quel movimento, non ci arrendiamo: forse il ricordo ci può aiutare, dopo tanto tempo, a recuperare le ragioni e lo spirito autentico di quell’esperienza, vissuta e scritta nell’anima e sui visi di chi l’ha vissuta come sui muri degli spazi occupati.
Quante cose c’erano in quel movimento: musica, politica, femminismo, arte, comunicazione, disperazione, sperimentazione, ribellione, amore, gioco, festa, creatività…
E anche violenza e scazzi, certo, specie con chi voleva trascinare il movimento su un percorso che non era il suo. Ma questo dopo, in secondo piano, quasi in sottofondo rispetto agli elementi fondamentali del movimento: “Gioia e rivoluzione”, come cantavano gli Area.
In quegli anni e nei successivi pochi intellettuali si sono spesi per approfondire i contenuti di un movimento definito “anticomunista” (in realtà “postcomunista”) e presto sopraffatto, nelle cronache e in una superficiale lettura storica, dallo stereotipo degli “anni di piombo”.
Forse oggi il tempo trascorso potrà far riconsiderare attraverso questi spunti, tanti altri aspetti, culturalmente ben più ricchi e significativi, dell’ultimo momento di aggregazione e protesta trasversale del secolo scorso (e forse non solo), spunti nei quali non è difficile scorgere i germogli di linguaggi e stili oggi diffusi.
In caso contrario sarà semplicemente un modo per ricordare un periodo di “Gioia e rivoluzione”.